“Il passato”: una dimensione progettuale emergente

“Il passato”: una dimensione progettuale emergente

A livello di “tendenze design” più volte ci siamo trovati a riflettere sul fatto che, in un momento incerto quale quello che ci troviamo a vivere, una delle poche sicurezze è il recupero del passato. Da molti anni ormai assistiamo, a ogni edizione del Salone Internazionale del Mobile.Milano, alla ripresentazione di capolavori storici. Da parte del compratore non si tratta ovviamente solo di nostalgia e di un ripiegamento psicologico su se stessi, ma anche di un’attenzione all’investimento: l’oggetto che ci giunge dalla storia, avendo conservata intatta la sua potenza iconica e comunicativa, viene visto come “permanente” e quindi al riparo dalle mode più transeunti, capace quindi di durare a lungo nel tempo. Naturalmente però non tutte le riedizioni si equivalgono, sia per quanto riguarda la correttezza dello studio filologico che sta alla base della ripresa progettuale, sia come liceità del processo di tutela dei diritti degli eredi. Tra le molte proposte presenti all’edizione 2019 del Salone del Mobile, ne abbiamo selezionate 10 adatte a riassumere alcuni temi generali di discussione come la provenienza geografica dei pezzi più ambiti (non soltanto Italia e Danimarca, ma anche Brasile e USA), la loro datazione (è evidente un avvicinamento cronologico all’oggi che rende curiosamente “rieditabili” anche oggetti appartenenti al passato prossimo e non solo al passato remoto) e le tipologie più ricercate.

Martin Eisler, poltrona “Costela”, 1952, oggi Tacchini
L’interesse sempre crescente che l’Italia mostra per il design brasiliano si è concretizzato con il programma di edizioni (Zanini de Zanine e Giorgio Bonaguro) e riedizioni (Martin Eisler) portato avanti da Tacchini al Salone del Mobile. Nelle presentazioni spiccava in particolare la poltrona “Costela” capolavoro di Martin Eisler e icona di un approccio al progetto forte e anti-decorativo (vedi la “costolatura” strutturale che accoglie i cuscini), come spesso avveniva nel miglior design brasiliano.

Poltrona con struttura in metallo verniciato nero opaco e doghe in multistrati curvato; cuscinatura di seduta e schienale in appoggio. Dimensioni: cm l.74 x p80 x h.83. Si completa con un pouff: cm l.74 x p.56 x h.39

Mario Bellini, lampada da terra (e da tavolo) “Chiara”, 1969, Flos
Più che una riedizione questa si potrebbe definire una ripresa di produzione: innanzitutto perché lo stesso Bellini ne ha controllato il percorso (seguendo in particolare la versione da tavolo che ai tempi non esisteva) e soprattutto perché “Chiara” era già in origine stata disegnata per Flos. Sicuramente si tratta di uno dei progetti più significativi del grande designer milanese: “Chiara” rappresenta, infatti, il felice passaggio da una superficie bi-dimensionale a un volume tridimensionale, ma soprattutto la metafora di un apparente vuoto che in realtà contiene un cuore luminoso.

Foglio di acciaio inox con finiture cromato, bronzato o nero lucido. Sorgenti a led.

Gianfranco Frattini, libreria “Turner”, 1963, oggi Poltrona Frau
La decennale collaborazione di Gianfranco Frattini con Bernini portò, dal 1957 per un decennio circa, a una serie di capolavori ove l’invenzione tipologica si sommava alla cura del dettaglio. Il modello “823” del 1963, rieditato da Poltrona Frau con il nome “Turner”, apparteneva a un gruppo di arredi da centro, componibili e girevoli, che comprendeva soluzioni per librerie, contenitori e mobili bar. Lo “scheletro” del modello “Turner” può essere arricchito di elementi separatori verticali spostabili, in modo che ciascun utente possa creare la sua personale libreria: esempio antesignano di “opera aperta”.

Libreria da centro girevole (cm 65x65 x h.123) composta da una struttura portante in metallo racchiusa in una colonna centrale rivestita con pannelli in multistrato di betulla cui sono fissati piani orizzontali impiallacciati noce Canaletto. Tali piani sono dotati di scanalature per il libero inserimento di 21 elementi divisori verticali. Il top è sormontato da un disco anch’esso girevole ricoperto in pelle.

Ignazio Gardella, lampada da terra “Arenzano Tre fiamme”, 1963, oggi Tato
La lampada Arenzano, che si completa oggi rieditando il modello a tre luci, è forse il pezzo più celebre della straordinaria collaborazione tra Ignazio Gardella e Azucena. Scomparsa di recente la celebre azienda milanese, fortunatamente alcuni dei progetti migliori sono stati recuperati rispettivamente da B&B Italia (Caccia Dominioni) e da Tato (Gardella appunto e Corrado Corradi dell’Acqua). “Arenzano”, con la sua classicità assoluta, è molto più di una lampada, piuttosto il simbolo di un modo di vivere gli interni nell’epoca d’oro del progetto italiano.

Lampada da tavolo (58x53x h 102 cm) o da parete con struttura in ottone, base in marmo e tre diffusori in vetro bianco opalino satinato

André Ricard, lampada da tavolo “Tatu”, 1972, Santa&Cole
Alla fine degli anni ’60 compaio contemporaneamente due lampade che, ispirandosi alle tubature per l’acqua, restituiscono l’idea di un “periscopio”. Sono i modelli “602” di Cini Boeri per Arteluce e appunto “Periscopio” di Danilo e Corrado Aroldi per Stilnovo. Immediatamente dopo, nel 1972, lo spagnolo André Ricard arriva a una forma assai simile partendo però dalla sagoma dell’armadillo (“Tatu” in spagnolo). Allora prodotta da Metalarte, la lampada “Tatu” è costruita mediante l’assemblaggio di tre elementi ed è completamente snodabile.

Lampada da comodino o da parete (con particolari fissaggi) realizzata per giunzione di moduli in plastica. Dimmer alla base e illuminazione a led. Dimensioni cm. l.max 20,5 x h.25, alla base cm 8

Børge Mogensen, poltroncina “Contour”, 1949, Carl Hansen&Son
Incredibile la datazione di questo pezzo: 70 anni esatti sono trascorsi infatti dal momento del suo disegno! L’organicità dello schienale ritagliato nel multistrato, contrapposto alla solidità della base, trasforma “Contour” in una sorta di misterioso “animale domestico” che abbina un notevole comfort a una straordinaria iconicità. Børge Mogensen, assai meno conosciuto di Hans J. Wegner o di Poul Kjærholm, supera con questo pezzo le sue prove da ebanista per entrare a pieno titolo nel mondo del grande design.

Poltroncina in legno massello e multistrati finiti a olio, sedile ricoperto superiormente in pelle. Dimensioni cm l.53,5 x p.63,5 x h.73

Jens Risom, tavolino portariviste “Magazin”, 1949, Fredericia 1911
In gran parte a Jens Risom si deve la diffusione del design danese negli Stati Uniti (arrivato nel 1939, già nel 1942 Jens collabora con Hans Knoll alla nascita della Knoll). Questo semplice tavolino porta-riviste apparve per la prima volta nel suo catalogo personale “Jens Risom Design” nel 1949. L’idea di semplice funzionalità insita nel pezzo, con il suo gioco di tagli, incastri e sovrapposizioni, non poteva che suscitare notevoli consensi in America.

Il modello “6500”, detto anche “Magazin” viene prodotto in quercia naturale o laccata nera. Dimensioni: cm l.40,5 x p.47 x h.57,5

Paul McCobb, scaffali “Planner”, 1950, oggi Fritz Hansen
L’incredibile semplicità di questo pezzo (parte di una più vasta collezione) deve farci riflettere sul grado di modificazione cui è arrivato il design contemporaneo: probabilmente infatti nessun produttore avrebbe oggi accettato lo scaffale “Planner” che viceversa, a distanza di 69 anni, conserva intatta la sua capacità comunicativa. McCobb designer americano autodidatta era celebre per l’assoluta attenzione alle proporzioni e ai dettagli: come ben si può vedere!

Struttura in acciaio verniciato a polveri nero opaco, mensole in quercia naturale. Tre le altezze disponibili: 84.4-123.2-165 x l.120.5 x p.37

Salvator Dalì, chaise longue “Portlligat”, 1962, BD
Disegnata per il giardino della sua casa di Portlligat, questa chaise risente da un lato della creatività dissacrante del grande spagnolo, ma dall’altro del rapporto forte che lo legò, nel periodo parigino, al designer Jean-Michel Frank. Negli anni ’90, Oscar Tusquets ebbe l’idea di recuperare, per conto di BD, alcuni dei progetti di arredo di Dalì: mobili ai confini tra surrealismo (si veda qui il chiaro riferimento antropomorfo) e uso reale, ma che certamente inseriscono una parola nuova nell’omologato panorama contemporaneo. Ripresentata alcuni anni fa questa chaise acquista oggi, dato il particolare interesse per l’outdoor, una nuova pregnanza.

Chaise longue in legno di iroko con ruote in poliammide. Cuscini opzionali. Dimensioni cm. l.69 x p.180 x h.max 92 (h. seduta cm 40)

Gino Sarfatti, applique “237” - lampadario “2109”, dal 1959, oggi Astep
Nata direttamente dalla volontà di Piero Gandini e di Alessandro Sarfatti la collezione “The Flos with Sarfatti”, distribuita da Astep, permette oggi, alle nuove generazioni, di far conoscere il genio di Gino Sarfatti (1912-1985), uno dei più grandi lighting designer del mondo. Tra i prodotti rieditati, in questo 2019 che segna il cinquantenario della discesa dell’uomo sulla luce, non possiamo che scegliere la collezione cosiddetta delle “sfere”. In essa Sarfatti, ammiratore dei corpi celesti, esalta la perfezione del globo opalino creando una collezione che da un’unica sfera arriva a declinarne 24.

Anelli metallici neri o color champagne a sostenere globi in vetro soffiato opalino diametro 14 o 20 cm. Dal modello 237/1 (a parete, con un’unica sfera) al modello 2109/24 (a sospensione, con 24 sfere e un diametro di 134 centimetri).