Di padre italiano e madre svedese, architetto per formazione, Duilio Forte sembra un funambolo tra due dimensioni: architettura e arte, presente e passato, realtà e mitologia. Il suo lavoro spazia dalla land art all’architettura, dalla scultura al design, ma arriva anche al disegno, alla pittura, alla fotografia e al video. Le sue opere - con cui esplora lo spazio naturale, antropico ma soprattutto poetico riportando nell’oggi la forza e l’esemplarità del mito - sono vere e proprie scenografie del quotidiano, l’universo epico in cui si muovono gli esseri umani. L’esperienza pratica e l’attenzione alla natura della tradizione svedese si fondono con il grande respiro e la complessità della storia e della cultura italiana. Fin dall'infanzia, l’artista vive il contrasto tra le due culture come stimolo per la ricerca di una sintesi creativa, una dimensione spazio-temporale in cui possano convivere i due mondi ma che sia, pur sempre, in qualche modo, “magica”. Così, nella maggior parte dei progetti di Duilio si riconosce immediatamente l’influenza della mitologia nordica e di altre storie antiche. La ricerca delle infinite identità di Sleipnir, impareggiabile destriero del dio Odino della mitologia norrena, iniziata nel 2008, è l’occasione per ripensare il rapporto tra l’uomo e la natura costruendo spazi sacri dove vivere un’esperienza più autentica del tempo. Da qui, le installazioni effimere e permanenti, nelle città e nelle campagne, nelle foreste e sui fiumi, degli esemplari di Sleipnir, che hanno conquistato la Laguna di Venezia, la Triennale di Milano, palazzo Carignano a Torino o il Vittoriale. Le attività dell’atelierFORTE, fondato nel 1998, e della scuola estiva in Svezia, dove riportare l’architettura alla pratica di bottega, fatta di saperi e di silenzi, di legno e di ferro sono l’espressione dei suoi principi espressi nel manifesto ArkiZoic, sette regole che dalla pratica artistica scivolano nell’etica quotidiana per riaffermare il valore eversivo dell’intraprendenza, di quell’unicità del fare che è antidoto alla banalità e potenziale chiave di volta, attraverso la sperimentazione e l’imprevisto, per una nuova evoluzione.
Architetto, artista, moderno (forse) e fascinoso (sicuramente) story teller e poeta della materia, chi è Duilio Forte?
Sono un esploratore che si avventura nei territori che si estendono tra l’architettura e l’arte. Che a volte emergono nel cinema, nella pittura e nella scultura. Sono spazi di confine e come tali ricchi di differenze e di stimoli.
AtelierFORTE, il tuo studio/abitazione è di fatto un magico altrove, una fucina di tolkiana suggestione: come nasce questo spazio e chi vi si aggira?
E’ uno spazio che nasce dall’esigenza di avere a disposizione un grande laboratorio dove il tempo e lo spazio si sovrappongono e si mischiano. Il passato col futuro, l’Italia con la Svezia, il legno col ferro, la pittura con la scultura, la fotografia con il video. Fare ricerca è cercare di dar vita a un mondo diverso. Il motto di AtelierFORTE è Verum in Somnis, la realtà nei sogni.
La tua regola è espressa nel manifesto ArkiZoic: è facile, nel contesto odierno, contemporaneo, attenervisi come architetto? Come è cambiato il tuo rapporto con la pratica negli anni?
La regola è un’espressione del mio modus operandi, ho cercato di sintetizzare quelli che sono gli elementi distintivi della mia ricerca, le cose che ritengo importanti per evolvere e migliorare. Penso che una regola sia importante sia come traccia di un percorso che come confine da superare.
Chi sono i tuoi maestri e i “compagni di strada”, gli artisti che senti più vicini in questo momento?
I miei maestri sono ovunque, cerco di imparare da tutto e da tutti, sono molto curioso e mi interesso a qualsiasi campo. Appena affronto un’argomento scopro l'enorme ricchezza della conoscenza umana e cerco di capire, di immergermi nella scoperta. Mi interessano molto i processi, come funzionano le cose sia a livello tecnico che espressivo. Mi piace molto trasporre processi, tecniche e forme espressive da contesti differenti tra loro.
Perché Sleipnir?
Sleipnir è una figura della mitologia scandinava, un cavallo a otto zampe velocissimo. Il cavallo è da sempre l’animale legato all’esplorazione del mondo e di conseguenza alla sua conoscenza. E’ una serie di 49 sculture monumentali in legno che rappresentano una modalità di esplorazione del territorio. Il connubio del materiale naturale e della tecnica ingegneristica crea in città una presenza naturale e nella natura un’intervento antropico dando luogo sempre ad un contrasto positivo che valorizza il contesto.
Sette giorni a Grythyttan in Svezia, al centro di grandi laghi e immense foreste. Questa la sede dello StugaProject2019. Ci racconti un po’ di questo workshop che è una vera e propria esperienza giunta ormai alla XVI edizione?
Quando ho costruito la mia prima sauna in una settimana, in mezzo alla foresta ho subito capito che era una cosa straordinaria poter realizzare direttamente un’opera senza l’intermediazione del disegno tecnico. E mi è venuto naturale pensare che un'esperienza così poteva interessare tanti ragazzi. Si parte da una sorta di grado zero. Non c’è elettricità, non funzionano i telefoni, non ci sono le comodità a cui siamo abituati in città. Subito ci si accorge di quanto l’uomo sia capace di adattarsi alla natura e di come sia possibile creare cose bellissime con pochi e semplici attrezzi. Il legname che usiamo è lo stesso che cresce intorno a noi, c’è un forte legame tra uomo e natura.
Qual è la sfida più grande per te come architetto oggi?
La sfida è portare la poesia dello spazio al centro dell’architettura.