Nel 2003, Anna Citelli e Raoul Bretzel sorpresero il pubblico del SaloneSatellite e quello più allargato del Salone del Mobile con un innovativo progetto per un feretro. Da allora, il prototipo non ha mai smesso di venire presentato e ha avuto anche un suo sviluppo. Per la sua portata sostenibile e l’impatto simbolico – l’uovo-bara o urna si dissolve nella terra nella quale è piantato un albero che simboleggerà la persona estinta – è stato inserito da Paola Antonelli e dal suo team in “Broken Nature”, la mostra organizzata a Milano per la XXII Triennale.
Capsula Mundi: un progetto all’avanguardia, che tocca un argomento delicato come la fine della vita. Come è nato?
La morte è una tema che riguarda tutti gli esseri umani con delle implicazioni profonde, sia culturali che emotive, tuttavia rimane un tema che la nostra cultura, o meglio la cultura occidentale in generale, pone come scomodo. Per questo da diversi decenni è del tutto escluso dal mondo del design. Ragionando attraverso la riprogettazione di un oggetto - la bara - abbiamo iniziato a pensare a come si potesse alleggerire questo tabù avvicinandolo alla nostra sensibilità, e cioè a una visione critica di alcuni aspetti della nostra società. Per noi era, ed è, importante trasmettere l’appartenenza dell’uomo alla natura, perché riteniamo che pensarsi superiori a essa, dimenticando le proprie origini, sia tra le cause dei problemi che stiamo causando al nostro pianeta.
Per rompere i tabù e aggiungere nuovi messaggi è ancora più importante mantenere l’aspetto simbolico ancestrale.
In effetti se spogliamo la morte dalle sovrastrutture culturali, è un evento che condividiamo con tutti gli esseri viventi, è naturale e appartiene alla vita nel suo senso più ampio: piante, animali, microrganismi, tutti hanno il loro ciclo vitale. Gli esseri umani differiscono dalle altre forme viventi perché possono vedere l’interezza di questo ciclo e, infatti, nella loro evoluzione alcune culture più vicine alla natura hanno ritualizzato questo momento proprio come un passaggio inevitabile all’interno di un più ampio ciclo vitale. Per mantenere questa visione ancestrale e coniugarla con le esigenze moderne, siamo passati attraverso delle immagini simboliche (l’uovo, la posizione fetale e l’albero, simboli di rinascita e di unione tra cielo e terra) e dei materiali biodegradabili: da qui l’uovo in bioplastica, la posizione fetale e l’albero.
Che tipo di reazioni e riscontri avete ricevuto in questi anni?
Alla prima presentazione di Capsula Mundi al SaloneSatellite, temevamo la reazione del pubblico perché stavamo portando in una manifestazione fondamentalmente dedicata all’arredo un progetto dal tema scomodo. Molte persone si avvicinavano al nostro stand incuriosite da questo strano uovo marrone sospeso in una stanza completamente bianca con un albero verde in cima... e ci chiedevano sorridendo: “Cos'è quello?”. Noi gli rispondevamo: “una bara”. Vedevamo puntualmente l’espressione del loro volto cambiare improvvisamente! Ma dopo aver spiegato l'intero progetto, l’espressione tornava a essere radiosa.
Ma Capsula Mundi ha continuato a viaggiare…
Nel corso delle nostre successive esposizioni, abbiamo capito che il tabù della morte pesa in maniera insopportabile nelle persone. Ma, una volta che si offre un percorso per ripensare positivamente a quell’evento, quel peso si smaterializza improvvisamente creando un senso di liberazione sorprendente. Il percorso che Capsula Mundi propone passa attraverso la simbologia della rinascita e termina con l’albero, un oggetto sicuramente meno duraturo del marmo della lapide ma che è immediatamente percepito come “amico” perché fa coincidere un luogo fisso (l’albero non si può spostare) alla nostra esigenza di memoria ed inoltre, come forma vivente, rappresenta una sponda consolatoria al nostro intimo sentire.
E, ora, dopo la sua nuova esposizione per la XXII Esposizione Internazionale pensate che il vostro progetto possa suscitare un seguito più concreto?
Un primo passo per rendere concreto il progetto l’abbiamo già fatto qualche anno fa, quando, spinti dai nostri supporters, abbiamo iniziato a produrre e commercializzare l’urna biodegradabile Capsula Mundi, sopra la quale viene piantato un albero. Il nostro percorso continua nello sviluppo della sua declinazione per il corpo. Speriamo che la visibilità che ci sta dando la Triennale possa accelerare tale sviluppo del progetto, che dipende anche dall’apertura culturale che mostre come “Broken Nature” possono diffondere e accelerare.
Con Capsula Mundi avete insegnato che il design può incidere anche sui più profondi e radicati atteggiamenti culturali della società, su quali progetti siete impegnati o state sviluppando al momento?
Abbiamo molti progetti in cantiere di cui preferiamo parlare quando saranno realizzati ma possiamo anticipare che vertono ancora sul tema dei tabù e di una riflessione su come scardinare comportamenti in relazione con l’ambiente sociale circostante. Ma Capsula Mundi ci assorbe moltissimo e noi curiamo sempre in prima persona, con una dedizione quasi “maniacale” la sua promozione, cosa che ci porta a viaggiare e confrontarci con temi contemporanei molto urgenti.
Il mondo dei designers e dei progettisti deve tener conto dei temi che interessano la produzione industriale globale e questo apre notevoli cambiamenti: impatto ambientale, distribuzione del lavoro e equo compenso, ricerca sui materiali ecocompatibili e gestione dei materiali di scarto, sono solo alcuni dei problemi che si dovranno affrontare in futuro.